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Il ruggito di Hampden. Storia culturale della tifoseria scozzese dai Wembley warriors alla tartan army.

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Descrizione

Nella mente di molti appassionati di calcio si è radicata l’immagine del tifoso scozzese come di un campione di bonomia con una passione smodata per l’alcol, la cui incrollabile fede nella squadra e lo smisurato orgoglio patriottico si declinano invariabilmente in un carnevale di kilt, tartan e cornamuse.

Ma è davvero questa la realtà? La storia del seguito della Nazionale scozzese è invece tutt’altro che lineare e attraversa una serie di fasi che ne fanno un insieme ricco di sfaccettature a volte in  evidente contrasto tra loro. Dai pellegrinaggi londinesi dell’immediato dopoguerra passando per le scomposte trasferte degli anni Settanta fino ai premi per il fair play del più recente passato, la tifoseria ha via via cambiato il proprio modo di porsi nei confronti del mondo esterno rimanendo pur sempre un elemento centrale negli equilibri del calcio oltre il Vallo di Adriano. Non solo. Facendo leva su dinamiche estranee all’alveo sportivo puro e semplice, i footsoldiers che hanno attraversato i continenti assieme alle casacche blu hanno contribuito concretamente a preservare una identità culturale ed etnica subalterna rispetto a quella britannica dominante, dimostrando così una volta di più che il calcio, lungi dall’essere “solo un gioco”, rimane uno dei palcoscenici privilegiati in cui l’anima più autentica di un popolo può esprimersi.

Il ruggito di Hampden descrive minuziosamente la varie tappe di un percorso che, partito con i primi pionieri negli anni Quaranta, si è definitivamente imposto all’attenzione dell’opinione pubblica mezzo secolo dopo grazie all’esplosione della tartan army. Ancor di più, rappresenta un atto d’amore verso una tifoseria che non ha mai smesso di sostenere al contempo la propria squadra e la propria Nazione.

Mauro Bonvicini (Spilimbergo, 1980). Laureato in Scienze Internazionali e Diplomatiche con una tesi sul movimento ultras italiano, si interessa da oltre vent’anni di sottoculture giovanili e di storia sociale britannica concentrandosi in particolare sulla Scozia e su Glasgow, città che adora e che visita con discreta frequenza. Folgorato sulla via di Hampden Park, è tifoso impenitente della Nazionale scozzese al seguito della quale ha attraversato mezza Europa raccogliendo – ad onor del vero – più delusioni che gioie. Nei ritagli di tempo concessi dal lavoro salariato frequenta gradinate, suona il basso in alcune band streetpunk, collabora con fanzine e si diletta a degustare craft ales assieme ai soci del Thursday Drinkers Club. Per Eclettica ha pubblicato Irregolari. Sottoculture di strada e di stadio tra Europa e Nord America (2019) e Glasgow belongs to me. Ode ad una città dopo un paio di pinte (2020).